Quella che
segue è un intervista a Tonino Simonti e Silvano Alterisio, due partigiani che
hanno combattuto accanto a Felice Cascione, autore della celebre canzone
"Fischia il vento" e loro comandante partigiano. Si ringrazia l'Anpi
Nazionale.
"Il tuo nome è leggenda, molti furono quelli
che infiammati dal tuo esempio s'arruolarono sotto la tua bandiera...":
così Italo Calvino ricordava nei suoi scritti la figura di Felice Cascione. In
un periodo di profondo decadimento di valori morali ed etici quale quello
odierno, l'esempio di Felice Cascione, detto "u megu" (il medico),
medaglia d'oro al valor militare alla memoria che sacrificò la sua vita per la
libertà della Patria, non va dimenticato.
Nato a Imperia
nel 1918, antifascista attivo dal 1940 (fu anche incarcerato per aver
partecipato a manifestazioni antifasciste), Cascione si laureò in medicina nel
1943. A partire dall'8 settembre iniziò il suo cammino di partigiano fondando a
Magaletto la Prima Brigata partigiana dell'imperiese, che guidò sui monti della
Liguria fino al 27 gennaio del 1944, quando trovò la morte ad Alto durante uno
scontro con i nazifascisti.
Le gesta di
Cascione e le circostanze della morte, quando si fece uccidere nel tentativo di
salvare un suo compagno, rappresenta una straordinaria pagina di storia, una
pagina eroica della storia d'Italia, da tramandare ai posteri.
Nel ricordarlo, convinti che con la storia del passato si possa costruire il nostro futuro, il sogno che abbiamo è quello di recuperare il casone, oggi in stato di abbandono, dove fu scritta la canzone "Fischia il vento", divenuta uno degli inni della Resistenza partigiana.
Per far questo abbiamo chiesto aiuto a due suoi compagni ancora in vita, affinchè la loro testimonianza metta in luce la personalità del comandante partigiano Felice Cascione.
Nel ricordarlo, convinti che con la storia del passato si possa costruire il nostro futuro, il sogno che abbiamo è quello di recuperare il casone, oggi in stato di abbandono, dove fu scritta la canzone "Fischia il vento", divenuta uno degli inni della Resistenza partigiana.
Per far questo abbiamo chiesto aiuto a due suoi compagni ancora in vita, affinchè la loro testimonianza metta in luce la personalità del comandante partigiano Felice Cascione.
Nella foto Felice Cascione |
Tonino Simonti, nome di battaglia Fedor, faceva
parte del distaccamento "Felice Cascione". Ci racconta di quei
giorni.
"Sono
passati tanti anni, a me Cascione è rimasto nel cuore, era un uomo come si
deve, con grande dignità. A casa ho molte foto di Felice. Lui era dottore a
Porto Maurizio ma non lo conoscevo di persona. Con lui sono stato tre, quattro
mesi. Sono salito in montagna sopra Pontedassio il 28 settembre del 1943 e la
banda era composta solo da una decina di partigiani. Un uomo così, con il suo
altruismo non l'ho mai incontrato. Era avanti cinquanta anni con la testa. La
cosa che più mi ha colpito era il trattamento che Cascione riservò ai due
prigionieri. Dopo averli salvati da morte sicura, li trattava come se fossero stati
partigiani, ci raccomandava sempre che i prigionieri andavano trattati da
prigionieri e ci diceva che lui aveva studiato una vita per salvare vite umane
e non si poteva permettere di uccidere una persona. Pensate che quando da
Oneglia arrivavano le sigarette, ne dava sempre due a testa compreso loro due,
divideva con loro il pranzo e le coperte. Non capisco ancora oggi perché
abbiano voluto scappare, erano già due mesi che stavano con noi. Vi voglio
raccontare due episodi significativi. Una volta una donna della valle ci disse
che suo figlio di 5 anni era caduto e si era fatto male ad un piede. Felice
prese dal suo zaino i 'ferri del mestiere', scese al paese e curò il bambino.
La donna disse a 'u megu' cosa potesse dargli in cambio e lui rispose di portare
da mangiare ai suoi uomini che stavano morendo di fame. La donna arrivò con un
cesto di castagne e un sacco di altra roba, questo per farvi capire la sua
onestà. Un altro episodio: un giorno Cascione ordinò a me a Cigrè di pulire
delle patate, ma presi dalla fame, due ce le siamo mangiate prima di portarle a
tavola. Felice lo scoprì e ordinò di legarci al palo della chiesa. In un
secondo momento, decise di salvarci dalla punizione perché era il giorno di un
santo particolare. Ma avevamo tanto rispetto per lui che ci siamo presi una
punizione da soli e decidemmo di saltare il pranzo a mezzogiorno, ma 'u megu'
dopo una bella ramanzina decise di farci mangiare".
"Mi
ricordo bene quel tragico 27 gennaio, io ero di guardia insieme a Cigrè, erano
circa le 6,30 del mattino e faceva un gran freddo. Eravamo in allerta per
possibili attacchi tedeschi perché due giorni prima era scappato uno dei
prigionieri fascisti catturati nella battaglia di Montegrazie. Il Battaglione
tedesco ci attaccò con mezzi pesanti dal basso, nello scontro a fuoco Cascione
fu ferito ad una gamba, rifiutò ogni tipo di soccorso per non mettere a
repentaglio le nostre vite e per non pregiudicare la nostra ritirata. Ci ordinò
di seguire Vittorio Acquarone (suo cugino) e di scappare verso Alto per mettere
in salvo la banda. Ci siamo diretti per la mulattiera che portava verso Ormea e
quando abbiamo saputo che Cascione era stato ucciso, ci siamo messi a piangere
come dei bambini".
Silvano Alterisio, "il migliore" come
amavano definirlo i suoi compagni, autore con Felice Cascione e Giacomo
Sibilla, nome di battaglia 'Ivan', dei versi della canzone 'Fischia il vento'
che divenne l'inno ufficiale di tutte le Brigate Garibaldi del Nord Italia.
"Non era
così semplice la vita partigiana, perché abbiamo incontrato molti ostacoli e
problemi, anche per colpa nostra forse. Siamo stati troppo leggeri e incapaci
di gestire il movimento. Abbiamo portato avanti i valori della Resistenza ma
non come avremmo dovuto fare. Molti compagni dopo la guerra sono cambiati,
all'inizio era una cosa sincera, in seguito sono nate diverse incongruenze.
Ultimamente con gioia vedo un recupero di questi valori. Il mio ricordo di
Felice Cascione? E' stato effettivamente unico, come lui ce ne erano pochi, era
sempre a contatto con i partigiani e pronto ad aiutare gli amici e tutti gli
abitanti della zona, era coraggioso e semplice e talmente tanto intelligente
che a volte non riuscivamo a comprenderlo".
Ed a proposito
di 'Fischia il vento': "Felice oltre ad essere un ottimo comandante era un
raffinato poeta, sebbene un po' stonato.. il mio augurio è che riusciate a
recuperare il Casone perché ha un enorme valore storico e per quello che
riusciamo, io e Tonino cercheremo di aiutarvi. Se ne parla troppo poco di
questa storia, dovete andare nelle scuole a raccontarla, bisognerebbe riuscire
a fare qualcosa di più di quello che si è fatto fino ad oggi, ora tocca a
voi".
Ci auguriamo
che il Casone dove venne composta "Fischia il vento" venga recuperato
e completamente restaurato. Vi terremo aggiornati, se una raccolta fondi
dovesse organizzarsi.
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