giovedì 27 febbraio 2014

Una lucida analisi dei Partiti comunisti e operai sui recenti sviluppi in Ucraina (su proposta di KKE e DKP)



Riteniamo di importanza capitale riportare il seguente comunicato (apparso nel sito resistenze.org) ad opera dei maggiori partiti comunisti uniti in Solidnet sui recenti fatti d’Ucraina. Ciò si stacca in parte dallo scopo del nostro sito internet legato alla Resistenza partigiana, ma non totalmente. Da comunisti siamo coscienti che il nazi-fascismo tornato alla ribalta in Ucraina si diffonderà presto nel resto d’Europa. E’ bene dunque avere bene chiaro in mente fatti e caratteristiche, al fine di “soffocare nella culla” il germe del nuovo fascismo.
 

I Partiti comunisti e operai firmatari di questa dichiarazione congiunta esprimono la loro solidarietà e sostegno ai comunisti di Ucraina, innanzitutto a quelli che in molti casi sono andati per le strade a difendere i monumenti di Lenin e antifascisti, divenuti "bersagli" della "pulizia" ideologica della storia portata avanti dai gruppi nazionalisti-fascisti armati.

Denunciano gli Usa e l'Ue per il loro coinvolgimento palese negli affari interni dell'Ucraina, per il sostegno diretto che hanno fornito e stanno fornendo ai gruppi fascisti armati, sostenendo il revanscismo storico contro l'esito della II Guerra mondiale, convertendo l'anti-comunismo in politica ufficiale, come abbellendo i gruppi fascisti, la loro ideologia e attività criminale, promuovendo la divisione del popolo dell'Ucraina con persecuzioni pianificate nei confronti della parte russofona.

Sottolineano la pericolosità delle posizioni delle forze opportuniste, che seminano illusioni sulla possibilità che possa esistere un'altra e "migliore Ue", " un diverso e migliore accordo d'associazione dell'Ue con l'Ucraina". L'Ue, come ogni unione capitalista inter-statale, è un'alleanza predatoria dal carattere profondamente reazionario, non può diventare filo-popolare, ma essa agisce e continuerà ad agire contro i diritti dei lavoratori e dei popoli.

Notiamo che gli sviluppi in Ucraina sono connessi all'intervento dell'Ue e degli Usa, sono il risultato della forte competizione tra queste potenze e la Russia per il controllo dei mercati, delle materie prime e delle reti di trasporto del paese. Tuttavia il popolo ucraino, come tutti gli altri popoli d'Europa, non ha interessi a schierarsi con l'uno o l'altro imperialista, con l'una o l'altra alleanza predatoria.

Gli interessi della classe operaia e degli strati popolari dell'Ucraina consistono nell'impedire di essere "intrappolati" in logiche di divisione nazionalista, sulla base di particolarismi etnici, linguistici e religiosi, e nel dare la priorità ai loro comuni interessi di classe, al tracciare il loro percorso di lotta di classe, per i loro diritti e per il socialismo. Il socialismo continua ad essere più opportuno e necessario che mai. Questa è la prospettiva da cui affrontare qualunque unione capitalista inter-statale, per spianare la strada ad un'economia e una società che non operino sulla base del profitto, ma sulle necessità dei lavoratori.

Partito Comunista d'Albania
Tribuna Democratica Progressista, Bahrain
Partito dei Lavoratori del Bangladesh
Partito Comunista del Canada
Partito Comunista in Danimarca
Partito Comunista Tedesco
Partito Comunista Unificato di Georgia
Partito Comunista di Grecia
Partito Comunista Giordano
Partito Comunista del Messico
Partito Comunista di Norvegia
Partito Comunista di Polonia
Partito Comunista Portoghese
Partito Comunista della Federazione Russa
Partito Comunista Operaio di Russia
Partito Comunista dell'Unione Sovietica
Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia
Partito Comunista di Svezia
Partito Comunista di Turchia
Unione dei Comunisti di Ucraina
Partito del Lavoro d'Austria
Polo della Rinascita Comunista in Francia


mercoledì 26 febbraio 2014

Quando la resistenza dà fastidio

dal sito http://www.partitocomunistalombardia.com


A distanza di 70 lunghi anni, qualcuno ancora oggi non digerisce la Resistenza. E’ il caso del museo di Dongo, luogo storico per la fine del fascismo, culminata con la giusta esecuzione del dittatore Mussolini e della sua amante, Claretta Petacci. Dure polemiche sono infatti sorte per colpa della decisione del sindaco di Dongo (guarda caso di centrodestra) di voler cambiare la denominazione del Museo “della Resistenza” in Museo “della fine della guerra”.
 
Un particolare, per molti insignificante, ma che porta invece con se il gusto amaro di chi non aspetta altro di mettere in un angolo la Resistenza partigiana per cercare di screditarla, cercando di sbiadire i suoi colori e di farla dimenticare alle nuove generazioni. Anche perché con il nuovo nome, essendo “di fine guerra” ci lascia intendere che verranno (magari non subito) inclusi anche i repubblichini della RSI nazi-fascista, assassini del popolo italiano. Una cosa che se verrebbe a realizzarsi sarebbe totalmente inaccettabile!
Il Museo, inaugurato nel 1995 per dare giusta ricompensa alla memoria storica di chi ha combattuto il fascismo nel comune di Dongo e limitrofi dell’Alto Lario, è collocato all’interno del Municipio del paese, luogo molto visitato non solo da comaschi ma anche dai tanti turisti in visita.

Confusa, incerta e chiaramente fuori luogo, la risposta del sindaco Mauro Robba:il nuovo nome si rifà esclusivamente a un’opportunità di marketing. Ci siamo rivolti a degli esperti e il suggerimento è stato di non mantenere la denominazione ‘museo della Resistenza’, fin troppo diffusa e inflazionata”.
Ma queste spiegazioni non sono bastate all’Associazione museo della Resistenza comasca, che ha lanciato una raccolta firme per mantenere la denominazione originaria. Parallelamente l’ANPI di Como comunica nel suo sito internet che chi desidera esprimere la propria indignazione per la scelta di cambiare nome al Museo della Resistenza Comasca (con dovuti e non volgari modi), può farlo scrivendo direttamente al sindaco di Dongo con la mail: sindaco@comune.dongo.co.it

La riapertura del museo è prevista per il 12 aprile 2014, al momento, ancora con il nuovo nome deciso dal sindaco.

Il Partito Comunista, con in testa il comitato Lombardo e la sezione milanese “G. Moranino”, appoggiano l’iniziativa dell’ANPI di Como e dell’Associazione museo della Resistenza comasca, e si oppongono al cambio di denominazione del museo, in quanto riconoscono chiaro ed evidente il tentativo di voler allontanare l’anima della Resistenza partigiana dal suo popolo. Arretrando di un passo alla volta, ci ritroveremmo ben presto distanti anni luce da quel sentiero di lotta nel quale molti compagni/e sono deceduti per conquistare la Libertà. La Resistenza non è “un’operazione di marketing” e non da nessun fastidio. Ed il fatto che sia “diffusa ed inflazionata” è per noi soltanto un bene ed un grande orgoglio!

venerdì 21 febbraio 2014

Milano zona Certosa. Dopo Cuore Nero, ecco Lealtà e Azione.

I vecchi locali, tra via San Brunone e via Vilfredo Pareto, concessi, prima a Il sogno di Rohan, negozio gestito da Alessandro Todisco per la vendita di oggettistica nazi della linea Calci e pugni, e poi direttamente nel 2008 a Cuore nero, diverranno ora la sede milanese di Lealtà azione. Poco più di 50 metri quadrati dati in "comodato d'uso gratuito". La nuova apertura, con tanto di inaugurazione ufficiale, è prevista per il prossimo mese. Diverrebbe la sede centrale di Lealtà azione con lo spostamento anche delle attività al momento ubicate in via General Govone 35. Qui prenderebbe corpo il cosiddetto “Progetto di COO X AZIONE” con “l’obiettivo di portare un aiuto concreto alle numerose famiglie italiane in difficoltà economiche, ben lontane dagli aiuti istituzionali”. Uno dei tanti modi per rendersi presentabili.
Della prossima apertura già se ne parla nel litigiosissimo e concorrenziale mondo dell'estrema destra milanese. Il timore, per qualcuno, vedi Forza nuova, è di perdere il peso acquisito. Intanto fervono i lavori per riattare i locali e diverse teste rasate sono già state notate nella zona.
La società proprietaria degli spazi è la Milasl srl, unico socio Michelangelo Tibaldi. La società precedentemente era nelle mani di Lino Guaglianone che nel 2007 vendette tutte le quote a Tibaldi, pur rimanendo amministratore unico fino al marzo 2010, quando gli subentrò Giorgio Laurendi, un funzionario dell’Agenzia delle entrate licenziato per corruzione e gestore del circolo di Alleanza nazionale Protagonismo sociale. Guarda caso la sede della società in un primo momento era proprio in via Durini 14 (ora è a Reggio Calabria), ovvero allo stesso indirizzo della Mgim, lo studio di commercialisti di cui Lino Guaglianone è socio. Studio sotto il quale il 17 settembre 2009 lo stesso Guaglianone fu fotografato dai carabinieri in compagnia di Paolo Martino, considerato uno dei più influenti capi della ‘ndrangheta a Milano.
Di Pasquale Guaglianone, detto Lino, nato in provincia di Cosenza nel 1955, si è già scritto e detto molto: ex tesoriere dei Nar (i Nuclei armati rivoluzionari fondati nel 1977 dal terrorista nero Giusva Fioravanti), condannato con sentenza definitiva per associazione sovversiva e banda armata, candidato nel 2005 per Alleanza nazionale alle regionali, commercialista, curiosamente, non iscritto all'albo a Milano ma a Reggio Calabria. Degli intrecci di cui abbiamo parlato fa testo il rapporto della Commissione antimafia del 2012 (che pubblichiamo integralmente) che portò allo scioglimento, nell’ottobre dello stesso anno, del comune di Reggio Calabria. Da pagina 206 a 2010, la storia di Michelangelo Tibaldi, nel rapporto indicato come l'emissario del boss mafioso Santo Crucitti. Quelli di Lealtà azione non si fanno ormai mancare proprio nulla. Prima con Mimmo Hammer, al secolo Domenico Bosa, finito intercettato qualche mese fa con narcotrafficanti belgradesi, ora con l’apertura di una sede in mano a personaggi in odore di mafia. Camerati o picciotti? 


[Osservatoriodemocratico.org]
 

venerdì 14 febbraio 2014

Riapre il Museo della Liberazione di Lucca

Il Museo della Liberazione di Lucca sta riaprendo lentamente al pubblico. E' importante, oltre a celebrare l'evento della riapertura di un Museo, lavorare intorno al progetto che vede le sale a palazzo Guinigi come luogo centrale di molte altre attività. Epicentro culturale, perchè il Museo è luogo di memoria ed estensione storica per Lucca, la Versilia, la piana, la valle del Serchio e la Garfagnana. Senza fermarsi visto che la Linea Gotica ha bloccato il fronte della seconda guerra mondiale tagliando in due la Garfagnana. Fronte che ha visto passare soldati, con le loro storie, afroamericani (della Buffalo), brasiliani (con la FEB), nippoamericani (Nisei), oltre a indiani, canadesi, inglesi.
Il Museo della Liberazione raccoglie inoltre le storie della gente comune che subì i lutti della guerra.
E' importante far crescere questo luogo come luogo di tutti: perchè un popolo che dimentica, è un popolo senza futuro.

Diventa amico del Museo su facebook 
https://www.facebook.com/MuseoStoricoDellaLiberazioneLucca

E visita il sito
http://www.museodellaliberazionelucca.it/

giovedì 13 febbraio 2014

Pestaggi e minacce: Casapound semina il terrore a San Benedetto del Tronto


C’è chi continua ad affermare che ‘il fascismo è morto’ e che essere antifascisti nel 2014 sia un esercizio di settarismo o quantomeno di arretratezza rispetto all’evoluzione del mondo. Sarà, ma le notizie che continuano ad arrivare dai nostri territori sembrano dire esattamente il contrario (senza contare che i fascisti non sono proprio ‘morti’ visto che hanno imposto al paese una festa nazionale – il Giorno della Memoria – a loro uso e consumo).
L’ultimo episodio segnalato dalla stampa locale è avvenuto in quel di San Benedetto del Tronto, in provincia di Ascoli Piceno.
Durante la notte tra il 7 e l’8 febbraio in tre diversi episodi una banda di giovanotti aderenti a gruppi locali dell’estrema destra, tra i quali un pugile professionista, prendono di mira alcuni giovani e seminano il terrore nel centro cittadino.
Le prime vittime della notte brava è un ragazzo, preso a pugni e spintoni e finito al Pronto Soccorso, anche se secondo l’Osservatore Quotidiano al fatto non sarebbe seguita nessuna denuncia formale. Dopo pochi minuti la banda si dedica ad un approccio non molto educato nei confronti di una ragazza fuori da un bar; lei prende a ceffoni uno dei fascisti che risponde con pugni e calci contro la malcapitata e contro i suoi amici che tentano di difenderla. Due ventenni, un ragazzo e una ragazza, finiscono al Pronto Soccorso.
Racconta ancora l’Osservatore che a poche decine di metri di distanza il gruppo tenta di aggredire un’altra ragazza, “prima con insulti e poi con le mani e in seguito avrebbe colpito gli amici di quest’ultima. Anche un ragazzo – che aveva provato a sedare pacificamente gli animi – sarebbe stato gettato a terra e preso a calci e a bottigliate”. Questa volta le vittime del pestaggio, anche loro finiti al Pronto Soccorso, sono corse a sporgere denuncia. Il quotidiano locale racconta particolari che la dicono lunga sull’identità degli aggressori: “Che cazzo indichi, troia infame?”, avrebbe detto uno degli aggressori, e la ragazza, stupita, avrebbe risposto: “Roberto, che dici? Siamo amici e mi hai anche invitata a CasaPound”. Dopo il pestaggio il picchiatore avrebbe detto ad una delle vittime: “Se non ti ho ammazzato adesso ti faccio ammazzare”.
Alla fine della notte di terrore le denunce sporte sono ben 5 e gli aggressori individuati sono tutti esponenti di gruppi neofascisti locali, compreso il pugile di cui scrivevamo sopra, dirigente della sezione cittadina di Casapound.

La matrice politica delle molteplici aggressioni non è sfuggita ai partiti di centrosinistra di San Benedetto del Tronto, che in una nota congiunta scrivono: “(...) appare comunque evidente che queste aggressioni siano maturate nel sempre fertile ambiente della destra neofascista, permeato da sempre da pulsioni violente e misogine. La reazione della città deve essere forte e unanime: il rifiuto netto del fascismo nella teoria politica e nella pratica; la lotta senza quartiere all’omertà ed all’indifferenza. Rivolgiamo quindi un appello ai nostri concittadini affinché non abbassino la guardia e denuncino alle autorità ogni forma di prevaricazione, delegittimando i gruppi che hanno come unico obiettivo l’intimidazione, negandogli la disponibilità di spazi e l’accoglienza; contemporaneamente, chiediamo alle forze dell’ordine di garantire la sicurezza perseguendo con decisione ogni manifestazione violenta”.

Manca una richiesta che forse un episodio come quello che abbiamo raccontato rende più che giustificabile: la chiusura di tutte le sedi fasciste. E la consapevolezza che non saranno certo le forze dell’ordine a garantire ‘la sicurezza dei cittadini’ e che quindi debbano essere i cittadini ad organizzarsi per impedire le scorribande fasciste.

 

giovedì 6 febbraio 2014

Assalti, pestaggi, prevaricazioni di ogni tipo: l’estrema destra in Lombardia tenta di riorganizzarsi



Forza Nuova perde i cocci. Nascono nuovi mini-gruppi nazi-fascisti.

La bestia non è ancora sparita, ma soltanto assopita. Ha trovato linfa vitale proprio da quella democrazia che tanto aveva osteggiato durante il secondo conflitto mondiale.
Un importante aiuto al proliferare di movimenti e gruppi dell’estrema destra nazi-fascista italiana sono arrivati grazie a politici conniventi di marca PdL, Fratelli d’Italia, Alleanza Nazionale (quando c’era) e Lega Nord, con tutte le sue piccole ramificazioni.
Molti “camerati” sono giovani e giovanissimi, ancora inesperti, non formati e non educati a quello che è stato il periodo nero del fascismo prima e del nazi-fascismo poi.
Hanno idee vaghe, poco chiare, vivono con il mito del “grande Italico impero” e giocano a fare i druidi medievali di pura razza europea.
Altri sono fuoriusciti dai vari partiti “istituzionalizzati” o “parlamentarizzati”, in quanto traditi proprio da quei partiti (fascisti) che una volta arrivati al potere hanno necessariamente dovuto sottostare alle leggi della democrazia italiana, piegando la testa ed abbandonando i saluti romani e le adunate. Anche se dobbiamo necessariamente notare che favori e finanziamenti sono sempre arrivati, negli ultimi vent’anni, proprio da quei partiti considerati da loro “traditori” (un esempio su tutti la sede romana di Casapound regalata dall’amministrazione Alemanno del Comune di Roma al gruppo nazi-fascista).

Forza Nuova dal canto suo registra negli ultimi 4 mesi una fuori uscita di militanti sempre maggiore, nascono così nuovi piccoli gruppi, legati tra loro da un filo conduttore, come fossero piccole cellule di un unico grande corpo (ufficialmente) inesistente, ma nei fatti vivo e pulsante. Le sedi di questi piccoli gruppi aprono soprattutto nei paesi della Lombardia del Nord (Varese in testa), tempio del leghismo più puro, ma anche nel Veneto della Serenissima.

Si fanno vedere, spavaldi e per niente impauriti, organizzati, inquadrati militarmente. Riscoprono (o scoprono per la prima volta?) l’internazionalismo militante. Sono legati ai vari partiti dell’estrema destra nazionalista europea. Organizzano comizi e manifestazioni musicali con lo scopo di rilanciare l’idea della “Grande Nazione”. Si battono per il rientro dei due marò dall’India. Contattano la Siria di Assad, appoggiandone la lotta ed invitandone gli esponenti ai loro raduni. Riempiono le città di volantini e manifesti (come a Tradate quando affissero manifesti per gli auguri di buon compleanno a Benito Mussolini). Organizzano finti incendi dolosi per passare da pecorelle immacolate (vedi la sede di Lealtà e Azione di Milano incendiata da loro stessi l’anno scorso). Si appropriano (e questo è peggio!) dei luoghi cari alla Resistenza partigiana: è il caso della manifestazione in Valcuvia al Sacrario del San Martino di Duno, nel 70° anniversario della prima battaglia della Resistenza, quando i Dodici Raggi (gruppo fuoriuscito da poco da Forza Nuova) andarono a deporre una corona «per dar pace a quei ragazzi che caddero combattendo»: non i partigiani ovviamente, ma i soldati tedeschi e i loro cagnolini fascisti.

E’ delle ultime settimane anche la notizia che, nella sede di Caidate (Varese), stanno lavorando all’organizzazione del prossimo appuntamento dell’8 febbraio: un concerto musicale (simile al precedente Boreal festival) a «favore dei camerati in difficoltà con la legge», una specie di “soccorso nero”, organizzato in collaborazione con l’associazione “skin4skin”. Già diversi gruppi hanno dato la loro adesione, dagli skin-heads greci, ungheresi e slovacchi, fino alle teste rasate italiane della Skinhouse di Bollate, di Bergamo skin, Pavia skin e Torino skinhead. Ma nel gruppo dei Dodici Raggi è ora arrivato anche l’ex leader di “Liguria fronte skinhead”, tale Alessandro Bettini, già noto alle cronache e alla giustizia per essere stato imputato a Roma nel processo contro gli Hammer-skinheads, poi finito in prescrizione. Secondo la Digos di Genova, nel 1999, Alessandro Bettini picchiava ogni giorno il padre disabile, insultandolo con orrende frasi da “forno crematorio” e maltrattava la madre: fatti che gli sono costati, ad opera del Gip Massimo Modella, un ordine di custodia cautelare per minacce di morte e maltrattamenti aggravati dalla crudeltà.

In tutto questo, oltre che essere seriamente preoccupati, siamo anche rammaricati dalle flebili parole che l’ANPI lombardo e nazionale regala alla grave situazione. Parole che non vanno oltre al semplice richiamo formale sulla carta stampata. Siamo certi che, come i principi della Dinamica esigono, per fermare un corpo occorre necessariamente imporre allo stesso una forza uguale (di potenza) ma contraria (di verso). Soltanto così, ed unitamente all’impegno delle scuole e con il sostegno della cultura, si potrà definitivamente debellare i residui di nazi-fascismo che ancora serpeggiano liberi.