venerdì 5 aprile 2013

Oggi ricordiamo la strage delle Benedicta. Onore ai partigiani caduti!



La Strage della Benedicta, avvenuta tra il 6 aprile e l'11 aprile 1944 fu un'esecuzione sommaria di 75 partigiani appartenenti alle formazioni garibaldine, compiuto da fascisti della Guardia Nazionale Repubblicana e nazisti in località Benedicta presso Capanne di Marcarolo, nel comune di Bosio, nell'Appennino Ligure. Altri 72 partigiani erano caduti nei precedenti scontri.

Sull'Appennino Ligure, tra Genova e Alessandria nella primavera del 1944, operavano due brigate partigiane, la Brigata Autonoma Alessandria e la 3ª Brigata Garibaldi Liguria, comandata dal capitano degli alpini Edmondo Tosi. Le brigate Garibaldi erano composte da giovani male armati, ma intenzionati a combattere le truppe tedesche e fasciste e a rifiutare l'obbligo di entrare nell'esercito fascista repubblicano, sancito dal bando Graziani del 18 febbraio.

Tra il 3 e 6 aprile reparti tedeschi appoggiati da quattro compagnie della Guardia Nazionale Repubblicana (due provenienti da Alessandria e due da Genova) e da un reparto del reggimento di Granatieri di stanza a Bolzaneto, accerchiarono la zona del Tobbio partendo da Busalla, Pontedecimo, Masone, Campo Ligure, Mornese, Lerma.
Il 6 aprile iniziarono gli scontri armati e mentre la 3ª Brigata Garibaldi Liguria cercò di rompere l'assedio dividendo i propri uomini in piccoli gruppi, la Brigata Autonoma Alessandria cercò una disperata difesa alla Benedicta e a Pian degli Eremiti.
Il monastero della Benedicta viene minato e fatto esplodere.
Nell'elenco delle 172 armi da fuoco sequestrate dai nazifascisti al termine delle operazioni di rastrellamento, figurano solo pochi fucili mitragliatori statunitensi. La maggior parte dell'armamento in dotazione ai partigiani era costituito la fucili da caccia a pallettoni e, addirittura, da 11 pistole ad avancarica, probabili cimeli famigliari del Risorgimento.
Le perdite nazifasciste furono limitate a 4 morti (3 nazisti e 1 fascista) e 24 feriti (16 tedeschi e 8 fascisti), 11 dei quali in gravi condizioni.
Molto più pesante il bilancio per le forze partigiane che, tra gli scontri e le fucilazioni, ebbero 147 morti, poi sepolti in una fossa comune. Tra queste, 75 partigiani catturati che vennero fucilati dai Granatieri repubblichini comandati da un ufficiale tedesco (e questo denota come quelli che si ritenevano italiani con la I maiuscola dovettero sottostare e ubbidire come cagnolini ai comandi di un nazista!, ndr). Si salvò solo Giuseppe Ennio Odino, ritenuto morto.

Una parte dei partigiani catturati viene trasferita nel carcere genovese di Marassi mentre altri vengono inviati a Novi Ligure. I renitenti alla leva che si presentano spontaneamente, accogliendo l'invito delle SS (che avevano promesso il condono della pena ai renitenti alla leva che si fossero costituiti), vengono deportati in Germania: su 351 deportati, 140 moriranno nei lager tedeschi.

Altri 17 partigiani fatti prigionieri durante il rastrellamento vengono fucilati il 19 maggio nei pressi del passo del Turchino, insieme ad altri 42 prigionieri, come rappresaglia per un attentato contro alcuni soldati tedeschi al cinema Odeon di Genova in quella che sarà poi conosciuta come la Strage del Turchino (ma questa è un'altra triste storia…).
Nelle intenzioni dei tedeschi l'eccidio doveva far crollare nella popolazione il sostegno alla Resistenza, ma il numero dei morti e la particolare efferatezza delle esecuzioni, oltre all'inganno per far costituire i giovani che stavano fuggendo dalla chiamata alle armi, ebbero l'effetto opposto, aumentando l'odio della popolazione locale nei confronti dei fascisti repubblicani e delle truppe naziste.

Un gruppo di partigiani della Val Polcevera, aiutati dai militi della Croce Verde di Pontedecimo, si adoperò per recuperare in seguito le salme dei fucilati.

ONORE AI PARTIGIANI CADUTI IN BATTAGLIA!

Se volete saperne di più visitate il sito:


Questo è il luogo dell'eccidio



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